Farina, acqua, strutto. Tre sono gli ingredienti che accomunano i panificati più caratteristici dell’Emilia Romagna tra i quali troviamo la piadina e le crescentine. Entrambe buonissime ed ognuna con le proprie gatte da pelare!
La piadina o piada, pieda, pida, piè, secondo i dialetti locali, è tipica delle province di Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena e in parte dell'imolese in provincia di Bologna.
L’impasto è composto da farina, acqua e strutto che a volte può essere sostituito dall’olio evo e viene cotta sul fuoco sopra una piastra liscia in ghisa.
Di recente ha preso la certificazione IGP anche se non poche sono state le polemiche che hanno portato a vere e proprie battaglie durate poco più di un decennio.
Alla fine l’hanno spuntata ma sono dovuti ricorrere a 2 varianti differenti: Piadina Terre di Romagna e Piadina Romagnola di Rimini.
Le differenze tra le due piadine riguardano le dimensioni: tradizionalmente, infatti, la piadina preparata lungo la costa (nella zona tra Riccione e Rimini) è più sottile e più larga di quella consumata nell'entroterra. Il disciplinare della piadina riminese prevede dunque uno spessore fino a 3 mm e un diametro da 23 a 30 cm; e per la piadina delle Terre di Romagna uno spessore da 4 ai 10 mm e un diametro inferiore dai 15 ai 30 cm.
Le crescentine sono tipiche del modenese e l’impasto è composto da farina, acqua, sale, lievito di birra oppure bicarbonato, ma esistono numerose varianti che aggiungono l’olio extravergine d’oliva, lo strutto, il latte, il burro o lo zucchero.
Anche le crescentine, come la piadina, hanno il loro gran da fare e questo a causa della diffusione di una seconda denominazione “tigelle” che altro non è che lo strumento con le quali vengono cotte. Si chiamano così infatti i dischetti di terracotta o pietra refrattaria utilizzate per la loro cottura.
In pratica è un po' come chiedere in pizzeria il forno al posto della pizza, o al fast food una friggitrice al posto delle patatine o a vostra nonna la teglia al posto della crostata!
Eppure il dialetto locale parla chiaro: “chersènt in t’al tigèli”, si chiamano, ossia “crescenti nelle tigelle”.
La guerriglia linguistica si deve probabilmente proprio alla vicinanza con Bologna: le crescentine bolognesi sono infatti solo quelle fritte, che appartengono a un’altra famiglia, quella dello gnocco fritto.
La crescentina modenese è un piatto povero nato tra i contadini dell’Appennino modenese: solo con il suo successo e il suo sbarco in pianura, per distinguerla dalla vicina bolognese, è nata probabilmente la confusione con quelle bolognesi e il termine equivoco di “tigella”.
Qualunque scegliate di mangiare, una volta cotte, piadina o crescentine che siano, conditele come preferite, la scelta è praticamente infinita.
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